La guerra ha cambiato profondamente il quadro politico. Con quali effetti di sistema è ancora arduo prevederlo. Intanto, è evidente il nuovo ruolo di Draghi. Il suo mandato non è più quello della destinazione dei fondi per la ripartenza. I viaggi continui per il mondo segnalano un attivismo frenetico in campi non strettamente economico-finanziari. La dimensione internazionale ha assorbito le preoccupazioni dell’esecutivo, diventando anzi il terreno principale della sua missione.
Un centro di nuovo conio
La grande corsa verso il centro con scissioni e nuove offerte elettorali in gestazione non è estranea alla curvatura diversa che la guerra ha impresso all’agire politico. Secondo Angelo Panebianco la risposta dei partiti alla guerra muta la qualità e legittimità dei leader in campo. “A differenza dei suoi (confusi) partner del centrodestra, Giorgia Meloni ha conferito al suo partito caratura e piglio di forza di governo con la decisa scelta atlantista in difesa dell’Ucraina. Adesso Fdl (al pari del Pd) è un partito che ha acquistato un forte credito presso i nostri alleati occidentali. Chi pensa che in politica queste cose contino poco è afflitto da provincialismo”.
Il sistema politico vede, dunque, secondo il Corriere due forze parimenti legittime non in ragione della loro aderenza ai principi costituzionali o ai canoni della liberaldemocrazia (Meloni che parla dei rifugiati come degli alfieri “di una sostituzione etnica” farebbe trenare i polsi di un liberale normale) ma per via della comune aderenza alla nuova base della costituzione materiale: la fedeltà atlantista. Il patto atlantico sostituisce il patto costituzionale e come nuova base valoriale della Repubblica determina i generali movimenti trasformistici nell’arena politica.
Sono in corso le manovre per la preparazione non di un semplice grande centro dai confini identitari sbiaditi, ma di uno specifico assetto centripeto occupato con il partito unico delle élite ritenute responsabili “e di governo” perché chiaramente atlantiste nella loro fede e nella loro collocazione nelle grandi crisi internazionali.
È quindi un centro di nuovo conio, e pieno di sostanza quello che si cerca di delineare con l’attivismo degli aspiranti leader. un centro persino denso di ideologia: non dichiara forse l’ex ‘capo politico’ del movimento grillino, simpatizzante dei gilet gialli e dell’abbandono dell’euro, ora promosso da chi conta a vero esemplare di statista, di essere “dalla parte giusta della storia”?