Ringrazio chi ha organizzato questo convegno che mi ha arricchito. Gli interventi di ieri e oggi sono stati tutti interessanti e stimolanti. Mi rimane solo di aggiungere qualche piccola osservazione.
Il quadro della situazione
1. EVOLUZIONE, Darwin-Marx: l’uomo non è dato, è ignoto, è un progetto, si autocostruisce, in società, in un intreccio biologico-culturale, producendo un mondo artificiale che diventa il suo Habitat, anche questo mai dato, ma costruito, con nuovi spazi sociali che cambiano lo stare insieme.
2. Il processo messo in moto dal genere umano si svolge con VELOCITÀ CRESCENTE che produce vertigini e cambiamenti imprevisti, facendo saltare i tempi biologici conosciuti finora e ponendo non pochi problemi di AUTOCOMPRENSIONE.
3. L’ ottocento ha salutato “il sol dell’avvenire”, nel frattempo si è fatto “buio a mezzogiorno”. Lo sguardo in avanti si è fatto incerto. Per comprendere quel che ci accade ci vuole LO SGUARDO INDIETRO. Quando andavo a scuola la storia dell’uomo si pensava in 30.000 anni, oggi si danno al homo sapiens più di 200.000 mila anni e si sa che certi tipi umani come quello di Neandertal sono scomparsi.
4. I rivoluzionari del passato hanno sparato sugli orologi dei campanili, l’angelo della storia voleva FERMARSI per risanare le distruzioni del passato, ma il progresso lo impedisce e non ci lascia il tempo di respirare. Nessun pneuma. Lo Spirito Santo è morto. Come fare i conti con la storia del genere umano? Come intervenire con coscienza sull’autocostruzione non solo dell’uomo, ma di diversi tipi umani, tra i quali anche “l’uomo antiquato”? E infine come governare questo insieme di vari tipi di umanità? Antropologia, biologia, neurologia e altre scienze diventano fondamentali. L’ economia e la sociologia, così come vengono portati avanti oggi, diventano marginali. Ma più di interventi scientifici forse abbiamo bisogno oggi di raccontarci. Perciò vorrei leggere alcuni racconti o parti di racconti che mi pare siano utili per la comprensione della “condition humaine” oggi.
Mircea Eliade
“Per quanto riguarda le crisi del mondo moderno si deve tener conto del fatto che questo mondo rappresenti un tipo del tutto nuovo di civiltà. Impossibile prevedere i suoi sviluppi. Ma può essere utile ricordare le conseguenze materiali e spirituali dell’unica rivoluzione paragonabile a quella di oggi nella storia dell’umanità: la scoperta dell’agricoltura. Difficilmente possiamo immaginarci la loro profondità. Era la fine di un mondo venerabile di nomadi cacciatori con le loro religioni, le loro mitologie e le loro concezioni morali. Ci volevano millenni per far tacere il lamento del «vecchio mondo» sconfitto dall’ agricoltura. … Le scoperte tecniche del mondo moderno, il suo dominio del tempo e dello spazio sono una rivoluzione dello stesso tipo. Siamo lontani dall` aver elaborato le sue conseguenze. Anzitutto la secolarizzazione del lavoro costituisce una ferita profonda sul corpo delle società moderne “(Mircea Eliade, “Schmiede und Alchemisten“, Stuttgart 1980, pag. 196, trad. mia).
Non riesco a cogliere la profondità del concetto di “profanazione del lavoro umano”. Forse corrisponde in qualche modo alla centralità del concetto di lavoro in Marx. È stato il lavoro in agricoltura e quello artigianale che ha formato i nostri corpi e la nostra mente. Con l’industrializzazione e il suo nuovo modo di lavorare (e anche di non lavorare) l’uomo è cambiato. Penso che la rivoluzione digitale imprima a questa svolta una impronta ulteriore che ci farà parlare probabilmente di una nuova evoluzione della specie umana. Il lavoro è un atto di autocostruzione degli esseri umani che speriamo non diventi autodistruzione.
Marx
La svalorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose. Il lavoro non produce soltanto merci, produce sé stesso, produce l’operaio come una merce ed è proprio nella stessa proporzione in cui produce in generale le merci” (I Manoscritti economico- filosofici del 1844, Feltrinelli, 2018, pag.72).
Insomma più valorizziamo le cose, più aumenta l’esercito dei lavoratori più si svalorizza il mondo umano. Il motore di questa evoluzione è quel tipo di lavoro che Marx ha chiamato il “lavoro astratto”. Un lavoro in contrasto con quello libero e creativo, umano. Le regole del lavoro astratto, salariato, condizionano tutta la vita sociale dell’era industriale e forniscono i parametri di valutazione di pressoché tutte le nostre attività. Al centro sta una particolare visione di produttività, competitività e divisione del lavoro. I suoi criteri si possono applicare con chiarezza solo alle attività di produzione di merci per il mercato, ma vengono applicati perfino ai bambini che devono imparare prima di tutto il senso di tempo, il senso dell’efficienza. Noi adulti non abbiamo mai il coraggio di macellare la vacca sacra della “produttività” sostituendola con la gioia del fare.
Heiner Müller
L’Idra è un mostro che ferito si ricompone ogni volta: per ogni testa tagliata ne vengono fuori altre due. È facile riconoscere in questo mostro l’immagine del capitalismo e della sua forza inesauribile di rigenerarsi. Il testo di Heiner Müller, “Eracle 2 ovvero l`Idra” racconta come Eracle, l`eroe proletario, il popolo stesso, attraversa una foresta senza trovare la bestia da uccidere finché comprende «che la foresta era l’animale, e che da molto tempo ormai quella che credeva di attraversare era la bestia stessa, che lo portava alla stessa velocità dei suoi passi, e gli ondeggiamenti del terreno seguivano i suoi atti respiratori, il vento il suo alito, l’orma da lui seguita era il suo stesso sangue, la foresta, ovvero l’animale, fin dall’inizio, voleva misurare quanto sangue aveva un uomo». Eracle viene assalito dalla «paura della vittoria che poteva essere strappata solo con il totale annientamento dell’animale, che era la sua dimora, al di fuori del quale già forse il nulla attendeva lui o nessuno». Come può il proletariato combattere la bestia che è la sua dimora? All’«inizio del round finale imparò a leggere il piano costruttivo sempre diverso di quella macchina che egli era smise di essere nuovamente diverso era a ogni sguardo presa passo, e che egli pensò modificò scrisse con la scrittura dei suoi lavori e morte». (Heiner Müller, Eracle 2 o L’Idra, in “Teatro”, CUE Press, 2023).
Il piccolo principe
Per me il racconto di Antoine de Saint Exupery è un trattato di Economia Politica sul risparmio del tempo. Ma scioglie anche il mistero già affrontato da Marx circa l’insoddisfazione procurata da beni trasformati in merce. Cito il capitolo XXIII per l’intero:
«Buon giorno», disse il piccolo principe.
«Buon giorno», disse il mercante.
Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere.
«Perché vendi questa roba?» disse il piccolo principe.
«È` una grossa economia di tempo», disse il mercante. «Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana».
«E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?»
«Se ne fa quel che si vuole»
«lo», disse il piccolo principe, «se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana».
Bertold Brecht
Sulla scienza e l’uomo in preda alle nuove tecnologie vorrei citare un breve passo tratto da “La vita di Galileo”, scritto tra il 1939 e il 1956.
Galileo: Io credo che l’unico scopo della scienza è quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana. Se gli uomini di scienza non reagiscono all’ intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo. E quando, coll’andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’ umanità. Tra voi e l’umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universale…
Grazie per la vostra pazienza e il vostro ascolto.