IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Ucraina, dollari e yuan

La maggior parte dei commentatori ignorano i dati macroeconomici di fondo che stanno alla base della guerra d’Ucraina. Senza prenderli in considerazione non è possibile capire perché sia la Russia che gli USA abbiano preferito la guerra a un’intesa diplomatica.

Come è (o dovrebbe essere) noto, la causa prossima della guerra è stata il patto americano-ucraino del novembre 2021 (il testo è facilmente reperibile su internet), che sanciva l’impegno USA ad aiutare l’Ucraina nella riconquista di Crimea e Donbass e il rapido ingresso dell’Ucraina nella NATO (patto a cui la Russia rispose con un documento inviato agli USA in dicembre, in cui si chiedeva la neutralità dell’Ucraina e la sua esclusione dalla NATO e che non venne preso in considerazione). La Russia preferiva, e ha preferito, la guerra e l’intervento della NATO piuttosto che consentire che ciò avvenisse; e gli USA hanno preferito la guerra piuttosto che rinunciare a tale ingresso. Fin qui i fatti. Fare una guerra contro un nemico forte non è un’impresa da poco, occorre chiedersi perché entrambi i contendenti abbiano scelto di farla, o almeno di correre molto seriamente il rischio che scoppiasse. Non ho elementi per valutare appieno le ragioni della Russia, per capire cioè se accettare la massiccia subordinazione dell’Ucraina da parte degli USA prevista dal trattato non potesse andare a vantaggio anche del popolo russo; e se avesse a disposizione alternative meno sanguinarie o strategie geopolitiche più collaborative per impedirlo. In questo articolo mi occuperò solo delle ragioni degli USA.

Economia e Stati Uniti

Si pone quindi questa domanda: perché gli USA sono intervenuti così massicciamente nella guerra d’Ucraina, sia finanziariamente (a oggi, circa 54 miliardi di dollari, cui vanno aggiunti altri 29 miliardi forniti dai paesi satelliti: dati dell’Institute for the world Economy, Kiel) che politicamente? Escludiamo ovviamente che l’abbiano fatto per motivi ideali (ma su ciò tornerò: il fatto che sia così facile crederlo è importante). Negli USA le scelte politiche importanti non si fanno se chi comanda nel paese reale è contrario. Quindi questa guerra conviene agli USA, intendendo con ciò il suo governo e chi lo controlla. Perché?
Cominciamo dalla bilancia dei pagamenti. Nei primi sette mesi del 2022 gli USA hanno esportato beni e servizi per un valore di 1199 miliardi di dollari; e hanno importato beni e servizi per 1937 (più o meno il 10% del PIL), con un disavanzo di ben 738 miliardi. In teoria uno stato manda la sua valuta all’estero in pagamento delle importazioni, e questa ritorna per pagare le esportazioni. Cosa se ne fanno i possessori di quei 738 miliardi, visto che non comprano esportazioni USA? Due cose. In primo luogo, li usano per comprare prodotti di altri paesi, dato che il dollaro ha valore ovunque; e comprano titoli, privati e pubblici, emessi dagli USA. Le statistiche ufficiali ci dicono che l’afflusso netto di capitali negli USA ha superato, nei primi sette mesi del 2022, i 900 miliardi di dollari.
Inoltre, fra le esportazioni degli USA è rilevante il peso dei prodotti energetici (circa 120 miliardi) e delle armi (50 miliardi). Questi 170 miliardi traggono notevoli vantaggi dalla guerra, per non parlare dei guadagni della cosiddetta (da Eisenhower) “lobby militare-industriale” (LMI). Per fare un esempio, un’azione della Lockheed-Martin (il principale produttore mondiale di armi) aveva toccato un minimo di 331 dollari il 2 dicembre 2021 per poi risalire a 450 il 2 marzo, calare molto lentamente fino a 389 il 14 ottobre e raggiungere 465 oggi, 24 ottobre (cosa che non fa presagire niente di buono). Lo scoppio della pace sarebbe evidentemente un guaio per i suoi padroni.
Abbiamo qui già individuato tre motivi per i quali agli USA non dispiace che a livello mondiale ci siano delle tensioni: propiziare la vendita di armi (e di altri servizi militari, come addestramento e approvvigionamenti), tenere alto il prezzo dei prodotti energetici, favorire la potentissima LMI. C’è anche un quarto motivo, e cioè che la guerra favorisce di per sé il circuito che abbiamo visto sopra, per il quale gli USA possono mantenere una bilancia commerciale in eccesso grazie a un continuo afflusso di capitali. La politica “populista” con cui il governo americano ha affrontato il Covid, vale a dire l’emissione di enormi quantità di dollari, ha seriamente danneggiato il circuito “importazione di beni tramite importazioni di capitali”. L’altissima inflazione che si è prodotta (oltre l’8%) rende più economiche le importazioni, e più care le esportazioni. Occorre aumentare l’afflusso di dollari per compensare il maggior deficit. Ora, quando nel mondo ci sono serie turbolenze, i flussi di capitale si spostano verso gli impieghi più sicuri, e normalmente i titoli denominati in dollari sono i più sicuri. Chi può, preferisce spostare i capitali dall’Europa, minacciata dalla recessione, dai conflitti interni, dalla rottura del mercato russo e (forse) dalle bombe verso i più sicuri impieghi americani. E infatti l’afflusso netto di capitali verso gli USA è in continua crescita. Borse, la grande fuga dei capitali dall’Europa è un titolo della Stampa del 17 settembre. Non c’è da stupirsi; da sempre, tanto più un paese è forte tanto più è in grado di far pagare ad altri il costo dei suoi problemi interni. L’impero romano ha disboscato a mani basse l’Europa mediterranea per far fronte alla carenza di legname; gli imperi europei hanno reagito alla long depression iniziata nel 1873 con l’imperialismo.

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