[Il fascismo] insomma si è confrontato con una classica problematica «europea», nei dibattiti fra le correnti ideologiche e sociali del suo tempo. In questo senso, dunque, si tratterà di puntualizzare più di una questione particolare, appunto affidandoci agli scritti e ai discorsi di Mussolini e ritessendo così, ripartendo da essi, da un lato le premesse culturali della creazione del fascismo a un certo livello soggettivo, dall’altro l’orditura ideologica che accompagnò e sostenne, nonostante ogni pragmatismo, l’opera politica di questo agitatore di masse e «capopopolo» del XX secolo.
Il nome e l’opera di Mussolini rimangono collegati al tentativo, estremamente ambizioso ma abbastanza rapidamente fallito, di dar vita a uno «stato fascista»: è dunque sotto tale profilo che si può cogliere l’essenza della sua condotta politica. Si dovrà anche vedere fino a qual punto Mussolini effettualmente si sia o non si sia comportato come «uomo di stato». Assumere come centrale il problema dello stato, potrà forse consentirci con qualche vantaggio di fare astrazione da quelle incrostazioni ideologiche in cui spesso i biografi, per i più vari motivi, sono rimasti invischiati. Ciò non significa, ovviamente, ignorare un complesso e non rettilineo graduale percorso umano, come non significa affatto evitare di misurarsi con la realtà storica del fascismo. La quale comunque è, nonostante tutto, più semplice di quanto non appaia dalla letteratura sull’argomento: se ne continua a discutere anche perché, nel sottofondo, la lotta continua. Significa soltanto isolare – con una finalità tendenzialmente comparativa – il momento del pensiero, così come si è cristallizzato di volta in volta per via di riflessioni o affermazioni davanti a ostacoli e traguardi particolarmente impegnativi, di un protagonista politico che ha agito (e parlato) assai più d quanto non abbia scritto e «pensato».
La produzione mussoliniana può distinguersi grosso modo in tre o quattro periodi: fino all’intervento, quasi in veste di pubblico ministero, al congresso socialista di Reggio Emilia, nel 1912, prevale nettamente il momento giornalistico; in seguito, per un decennio, fino all’avvento al potere, questo si alterna col momento oratorio; nel successivo ventennio, durante la permanenza al governo, la parte dell’oratoria politica prevale nettamente su ogni altra attività pubblicistica; dal colpo di stato del 25 luglio 1943, infine, riprende il sopravvento la stesura scritta, nel declino dell’azione politica vera e propria. Un altro rapporto, più intimo e organico, potrebbe poi essere inserito in questo sommario schema di periodizzazione strutturale: il rapporto fra «idealismo» che non è assente nel giovane Mussolini, e il suo costante «pragmatismo», che lo distingue nell’azione politica, con un netto privilegiamento dell’aspetto «tattico», fino a cadute e impennate di stampo opportunistico nelle principali svolte della sua vita.
[…] Da un punto di vista di metodo, la nostra proposta è di separare, distinguere, isolare per il possibile i nuclei ideologici o meglio ancora «teorici» […] dell’iter mussoliniano, indicandone le fonti dirette e indirette, singole e «collettive» e le motivazioni emozionali o pratiche, per ricongiungerli poi in un giudizio articolato, in un nesso unitario che tenga conto della collocazione retrostante (politica e metapolitica) dell’uomo e dei «frutti», del significato più generale del fascismo nella crisi e nello sviluppo della società italiana. La dimensione «europea» è certamente un problema-limite nell’interpretazione del fascismo italiano: ma non è dal punto di vista del suo «autore» una superfetazione, costituendone anzi la necessaria ed esplicita cornice soggettiva ed oggettiva. Entro questo schema complessivo si pongono […] problemi filologico-interpretativi di diversa natura, a seconda che si tratti dello scrittore o dell’oratore che comincia a porsi il problema del potere; dell’uomo di governo che ritiene di aver risolto tale problema o di dovere perfezionare e completare le soluzioni realizzate; dell’ex dittatore che, in seguito alla prova della guerra e del 25 luglio, non riesce a superare i limiti concettuali su cui aveva in precedenza costruito tutto il suo edificio e la sua «dottrina» [Enzo Santarelli, Saggio introduttivo a Scritti politici di Benito Mussolini, a cura di Id., Milano, Feltrinelli, 1979].