False premesse e sonnambulismo
Da duecento anni, sin dall’elaborazione della “dottrina Monroe” nel 1823, gli Stati Uniti fanno appello al tema della propria sicurezza in quasi tutto l’emisfero occidentale. Qualsiasi potenza straniera che posizioni delle forze militare nei pressi del territorio statunitense è ben consapevole di varcare una linea rossa. La politica degli Stati Uniti, quindi, incarna l’idea che sia di fondamentale importanza dove un potenziale avversario schiera le proprie forze. Per la precisione questo principio costituisce una pietra angolare della politica estera e militare americana, e violarlo è considerato un valido motivo di guerra.
Eppure, rispetto alla Russia, gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO ignorano da decenni questo principio. Al contrario, hanno progressivamente fatto passare le loro forze militari verso la Russia, fino ai suoi confini. Lo hanno fatto non prestando troppa attenzione, e anzi talvolta ostentando noncuranza, verso il modo in cui i leader russi avrebbero potuto percepire questa avanzata. Se la Russia avesse intrapreso azioni analoghe rispetto al territorio statunitense – per esempio posizionando delle forze militari in Canada o in Messico – Washington avrebbe mosso guerra e l’avrebbe giustificata come una risposta difensiva allo sconfinamento militare di una potenza straniera. Se osservata da questo punto di vista, l’invasione russa dell’Ucraina non apparirà come una sfrenata mira espansionistica di un malvagio leader russo, bensì come una reazione violenta e distruttiva alle sconsiderate politiche occidentali: un tentativo di ristabilire attorno al confine occidentale della Russia una zona che sia libera dalle minacce offensive degli Stati Uniti e dei loro alleati. Avendo frainteso il motivo per cui la Russia ha invaso l’Ucraina, l’Occidente sta dunque basando decisioni di vitale importanza su delle false premesse. E così facendo sta aggravando la crisi e potrebbe procedere come un sonnambulo verso la guerra nucleare. (…)
Nei mesi trascorsi da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, la spiegazione data per il coinvolgimento dell’America è cambiata. Quella che era stata presentata come una limitata iniziativa umanitaria per aiutare l’Ucraina a difendersi è stata modificata per includere un obiettivo ulteriore: indebolire la capacità della Russia di combattere un’altra guerra in futuro.
Quali obiettivi strategici e quali rischi tollerabili?
In realtà, è possibile che questo obiettivo strategico fosse sul tavolo fin dall’inizio. A marzo più di un mese prima che gli Stati Uniti annunciassero la loro nuova linea politica, Chas Freeman, ex vicesegretario alla Difesa per gli affari di sicurezza internazionale, affermava: “Quello che stiamo facendo più che accelerare la fine dei combattimenti e un qualche tipo di compromesso, sembra mirare a prolungare il conflitto dando sostegno alla resistenza ucraina – che è una nobile causa, immagino, ma […] causerà numerosi morti tra gli ucraini così come tra i russi.” L’osservazione di Freeman mette in luce una verità scomoda: i due obiettivi bellici dell’America non sono compatibili tra loro. Laddove un’iniziativa umanitaria dovrebbe tendere a limitare la devastazione e a porre fine rapidamente alla guerra, l’obiettivo strategico di indebolire la Russia richiede una guerra prolungata con il massimo grado di distruzione, una guerra che prosciughi la Russia gli uomini e mezzi sul campo di battaglia in Ucraina. (…)
Il 27 febbraio, tre giorni dopo l’inizio dell’invasione russa, Vladimir Putin ha annunciato che avrebbe innalzato lo stato di allerta delle forze nucleari russe in risposta alle “dichiarazioni aggressive” dei leader occidentali. A maggio, un consulente della comunicazione di Putin ha avvertito il primo ministro britannico che le sue dichiarazioni e le sue azioni rischiavano di esporre l’Inghilterra a uno tsunami radioattivo generato da uno dei siluri nucleari per attacchi terrestri di cui dispone la Russia. Questo e altri ammonimenti russi circa la guerra atomica sono stati liquidati da quasi tutti gli organi di informazione occidentali come mera propaganda. Tuttavia, ventiquattro ore dopo l’annuncio di Putin del 27 febbraio, le forze armate statunitensi hanno alzato lo stato di allerta a Defcon 3 per la prima volta dagli attacchi del 2001 alle torri Gemelle. Il risultato è che oggi entrambi i paesi sono più prossimi a uno stato di allerta immediata, il che aumenta la possibilità che un incidente, un errore di calcolo politico o uno sbaglio del computer portino a uno scontro nucleare. (…)
La narrazione tossica e il “dilemma della sicurezza”
La storia di una Russia malvagia, irrazionale, intrinsecamente espansionista e con un leader paranoico al comando, contrapposta alle virtù di Stati Uniti d’Europa, è una costruzione strana e confusa della memoria, incoerente con tutta una serie di eventi perfettamente consequenziali degli ultimi trent’anni; eventi la cui importanza il cui significato dovrebbero essere immediatamente evidenti. In effetti la stessa narrazione occidentale predominante può essere vista come una forma di paranoia. Le provocazioni che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno lanciato alla Russia sono errori politici talmente gravi che, a parti invertite, i leader statunitensi avrebbero da tempo rischiato una guerra nucleare con la Russia. Per i vertici americani affermare il contrario, come fanno adesso, rappresenta un pericoloso disconoscimento della realtà. In alcuni casi questo disconoscimento scaturisce sicuramente da una astuta demagogia. Ma per alcuni politici ciò avviene probabilmente in buona fede e per il semplice motivo che costoro continuano a interpretare fatti nuovi alla luce di una narrazione ormai logora.
La responsabilità ricade anche sui principali organi di stampa. Invece di provare a contestualizzare gli eventi per i loro lettori, i mezzi di informazione strombazzano la narrazione ufficiale del governo. A prescindere dalle sue vere motivazioni, i media mainstream hanno costruito e continuano a tenere in piedi un regime di propaganda che disinforma il pubblico e non può che essere percepito dalla Russia come un affronto al carattere nazionale del suo popolo. I siti di informazione online fanno più o meno la stessa cosa. Come ha dimostrato Glenn Grenwald, giornalista vincitore del premio Pulitzer nonché avvocato esperto in materia di primo emendamento, una pervasiva censura delle opinioni dissidenti è in atto a svariati livelli della società sia negli Stati Uniti sia in Europa.
Per quanto risulti difficile guardare le terribili immagini dell’Ucraina senza provare rabbia e repulsione, soccombere all’emozione cieca e abbracciare la narrazione occidentale dominante è un pericoloso errore. Ciò dà ancora più potere dalle peggiori forze di Washington, compreso quell’intreccio di potere burocratico e interesse commerciale che Eisenhower, un generale a cinque stelle dell’Esercito, definì il “complesso militare industriale”, dal quale mise in guardia il pubblico americano nel suo ultimo discorso televisivo da presidente degli Stati Uniti. Questa narrazione dà forza anche ai leader europei più russofobi e militaristi, oltre che a quelli privi del coraggio necessario per ribellarsi agli errori politici americani. Tale narrazione offusca le menti dei cittadini americani ed europei, portando allo sciovinismo e all’incitamento alla guerra.
Scopo principale di questo libro, pertanto, e di rettificare una narrazione falsa, e per una ragione molto concreta: perché le false narrazioni portano a esiti molto negativi. Le narrazioni si riflettono inevitabilmente nei comportamenti; sono sia descrittive sia generative. Funzionando come modelli della realtà, esse servono da guida per l’azione. Quindi, attraverso la dinamica di azione e reazione, spinta e controspinta, possono generare quei risultati che esse stesse presumono essere già in atto. In questo modo una narrazione eccessivamente pessimistica riguardo alle intenzioni di un potenziale avversario – ciò che definisco la “narrazione del sospetto” – può aggravare le stesse minacce che pretende di mitigare.
Questo fenomeno è sotteso per esempio alla dinamica classica della corsa agli armamenti che culmina nell’escalation e nella guerra. Non incarna tanto il paradigma della seconda Guerra mondiale, con il suo corredo di implacabile espansionismo e pacificazione occidentale, quanto quello della prima guerra mondiale, quando la Germania, la Gran Bretagna, l’Europa occidentale e infine l’America precipitarono come sonnambuli nella catastrofe. E tuttavia oggi a causa delle nuove armi nucleari, la catastrofe può verificarsi più facilmente con effetti più devastanti.
Come fu nel caso della prima guerra mondiale ciascun fronte, tenendo il peggio dell’altro, cerca di rendersi invulnerabile mediante una strategia militare che ha inevitabilmente anche un potenziale offensivo: un’arma strategica a doppio taglio che gli analisti politici chiamano “dilemma della sicurezza”. È esattamente ciò che George Kennan previde riguardo all’espansione della NATO, rispetto alla quale i fatti hanno dimostrato che aveva ragione. Quell’espansione, giustificata in nome della difesa, è stata avvertita dalla Russia come una minaccia offensiva e ha portato ad azioni che a loro volta sono percepite dall’Occidente come espansionistiche. Nel 2014, Richard Sakwa ha offerto un’incisiva lettura a posteriori della situazione che Kennan aveva anticipato: “ In definitiva si è giustificata l’esistenza della NATO con la necessità di gestire le minacce di sicurezza provocate dal suo ampliamento. Gli stati del vecchio patto di Varsavia e quelli baltici hanno aderito alla NATO per rafforzare la loro sicurezza, ma questo atto ha creato un dilemma di sicurezza per la Russia che ha minato la sicurezza di tutti.”
Da quando Sakwa scriveva queste parole, la situazione non ha fatto che peggiorare, in larga misura perché gli Stati Uniti e i loro alleati hanno compiuto parallelamente una serie di azioni espansionistiche militari al di fuori della NATO.
[Benjamin Abelov, Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, prefazione di Luciano Canfora, Fazi editore, 2023]