IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Cos’è la pace?

Pubblichiamo la conferenza tenutasi a Barcellona il 14 marzo scorso nell’ambito della rassegna “Dialoghi di Pedralbes. Pensare la pace, pensare la guerra”, in cui Andrea Guazzarotti risponde alle domande del filosofo morale Daniel Gamper e del giornalista Antoni Bassas.

La guerra ha avuto sempre una dimensione giuridica e il contributo della cultura spagnola e italiana alla giuridicizzazione della guerra è seminale: dopo lo sforzo di Francisco de Vitoria nella prima metà del ‘500 di fissare paletti alla “guerra giusta” con riferimento alla conquista spagnola delle Americhe, vi è stato il tentativo di Alberico Gentili, alla fine del ‘500, di superare il concetto di iustum bellum e introdurre quello di “nemico giusto” (iustus hostis). In anticipo su Hobbes, Gentili disinnescava il potenziale distruttivo delle guerre giuste, in cui tutta la ragione sta da una parte sola, riconoscendo l’impossibilità di conoscere la verità e ammettendo che entrambi i contendenti potrebbero avere una parte di ragione, così da ammettersi solo le guerre combattute dagli Stati, nel rispetto di una serie di “forme legali”, prima fra tutte la dichiarazione ufficiale di guerra. Oggi quel tentativo di incivilire il «flagello» della guerra (come lo definisce il Preambolo dello Statuto delle N.U.) sembra superato, posto che la guerra è stata messa al bando dal diritto internazionale almeno a partire dal Patto Briand-Kellogg del 1928. Le costituzioni nazionali continuano ad avere, tuttavia, una procedura per “dichiarare la guerra”, rivelando sia il collegamento con la dottrina del iustus hostis che con la rivendicazione del controllo democratico sulla guerra e il rifiuto delle guerre dinastiche fatte nell’interesse del solo sovrano, di cui già alla Costituzione repubblicana francese del 1791.

E tuttavia, resta dubbio quale sia l’apporto civilizzatore del diritto rispetto al fenomeno della guerra: a partire dalla riesumazione statunitense della “guerra giusta”, per continuare con le istituzioni dei tribunali penali internazionali contro i crimini di guerra, compiuti sempre e soltanto da una parte sola, quella dei vinti. Oggi l’ideale pacifista della criminalizzazione della guerra, che già fu di Kelsen nel 1944, sembra aver trovato il suo compimento nell’istituzione della Corte penale internazionale dell’Aja, la quale è stata da subito coinvolta nella guerra in Ucraina. Oltre a questa Corte, il conflitto russo-ucraino ha visto il coinvolgimento immediato della Corte internazionale di giustizia, chiamata a pronunciarsi su sollecitazione dell’Ucraina sull’infondatezza dell’accusa russa di genocidio contro le minoranze russofone del Donbass. Un profluvio di giurisdizioni e di ricorsi sta, dunque, accompagnando il conflitto. Il rischio è che, attraverso la criminalizzazione anticipata dell’avversario e l’inviolabilità dei diritti umani delle vittime che non ammette bilanciamento alcuno, il diritto non conduca all’interruzione più rapida possibile dei conflitti in corso, in vista di una soluzione pacifica, bensì al suo prolungamento indefinito, in vista della debellatio dei responsabili dell’aggressione, ignorando il pericolo di escalation e le profonde radici storiche dei conflitti. [La registrazione completa dell’evento è disponibile a questa pagina.]

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