IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Dalla redistribuzione alla solidarietà competitiva, di Wolfang Streeck

Mentre i paesi europei sono stati capaci di trovare un accordo sull’apertura dei mercati, continua a non essere possibile definire quelli che sono gli interessi comuni sulla quota di risorse da redistribuire e sulla sua destinazione per fini condivisi di politica sociale.

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L’importanza dell’arena politica nazionale nella discussione sulle future caratteristiche del «modello sociale» europeo – nonostante il declino del livello medio nazionale come luogo chiave della redistribuzione della solidarietà – è recentemente cresciuta proprio perché la competizione internazionale, che interagisce con dei contesti istituzionali nazionali tra loro profondamente diversi, ha un impatto differenziato da paese a paese. Questa eterogeneità ha fatto sì che il ripensamento della solidarietà che è in corso in Europa abbia intrapreso una strada diversa in ciascun paese. Tutto ciò dimostra che in un certo senso il processo di integrazione europea rimane ancora bloccato a metà strada tra le relazioni internazionali e il realizzarsi di un vero e proprio stato sovranazionale, e questo esclude la possibilità di una semplice sostituzione della media sovranazionale a scapito di quella nazionale. Il fatto che un nuovo tipo di solidarietà non venga cercata in una comunità politica unificata a livello europeo riflette a sua volta la pervasività di una competizione sempre più intensa. Proprio come i singoli stati europei hanno dovuto aprire le loro economie per raccogliere i benefici del progresso tecnologico e per rispondere a una crescente domanda di economie di scala per gli investimenti e la produzione, così anche l’Unione Europea non può fare diversamente. Ma mentre i paesi europei sono stati capaci di trovare un accordo sull’apertura dei mercati, sia reciproca che verso il mondo esterno, continua a non essere possibile definire quelli che sono gli interessi comuni sulla quota di risorse da redistribuire e sulla sua destinazione per fini condivisi di politica sociale.

Questa assenza di compattezza dell’Europa nei confronti dell’esterno, e l’alto grado di competitività interna della sua political economy, hanno dato vita nello spazio politico europeo a una nuova e peculiare relazione tra istituzioni nazionali e sovranazionali. Non essendo realistica la chiusura verso l’esterno o il mantenimento di solidi confini nei confronti dell’economia mondiale, e mancando un solido consenso nei confronti di una redistribuzione volta alla protezione sociale, le politiche dell’Unione si limitano in gran parte a vigilare sull’adesione dei suoi stati membri alle «quattro libertà» del mercato interno. E in ogni caso possono fare poco che interferisca direttamente con questi principi. D’altra parte, una centralizzazione e un’armonizzazione comune che vada oltre il «processo di costruzione del mercato» sono ostacolate dalla grande varietà delle istituzioni nazionali, che trova le sue basi in lunghe e complesse radici storiche. Inoltre, una conseguenza importante delle rilevanti differenze storiche è che qualsiasi singolo passo verso l’armonizzazione, per quanto significativo, è destinato a sortire effetti diversi nei diversi contesti nazionali – il che è di per sé una ragione sufficiente a creare una opposizione tale da farlo fallire.

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