IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Destre al governo, governo delle destre

Chi si accontenta delle definizioni riduttive e alla moda ascriva pure il governo delle destre in Italia a quello delle c.d. “democrazie illiberali”. Formula magica che pretende di dire tutto, ma che troppo spesso finisce per dire assai poco (l’hegeliana notte in cui tutte le vacche sono nere). Non ci piacciono, lo sanno bene i nostri lettori, le interpretazioni caricaturali e demonizzanti. Prendiamo tutto molto sul serio, a maggior ragione prendiamo sul serio un governo legittimato dal voto maggioritario, benché non bulgaro, del corpo elettorale. Non sottovalutiamo affatto l’ascesa di Giorgia Meloni ai piani alti della politica italiana e di quella europea (Andrea Guazzarotti). Quel prendere congedo senza pudore, in nome dell’anti-antifascismo, dal progetto costituzionale di una “democrazia progressiva” (Donato Caporalini). Con all’orizzonte una “democrazia conservativa e disciplinare” e uno Stato neo-corporativo 2.0 (Oriano Giovannelli). A queste ancora provvisorie conclusioni siamo pervenuti muovendo dall’indirizzo politico con cui le destre italiane si propongono di “riscrivere il futuro” del Paese. O della Nazione, come preferisce dire Giorgia Meloni. Il carattere talvolta vago, talaltra inquietante, di tale indirizzo sul piano strettamente istituzionale è ricostruito nelle sue fondamentali tappe e articolazioni nel forum organizzato dalla nostra redazione lo scorso 16 marzo e che ripubblichiamo integralmente in questo numero undici del nostro web magazine. Una parola riassume più di ogni altra quale sia, su questo piano, la direzione di marcia del governo delle destre: la parola è decostituzionalizzazione. Un proposito – a suo modo costituente – acutamente rintracciato da Ilenia Massa Pinto nella (solo) apparentemente pacificante narrazione di Maria Elisabetta Alberta Casellati di ciò che è una Costituzione. Per la Ministra per le riforme istituzionali un “atto di imperio”, l’imposizione unilaterale da parte dei vincitori di una forma di stato e di governo. Non più, secondo la lezione del secolo democratico, un atto inclusivo frutto di un autentico patto politico e sociale, un atto destinato a regolare anche in futuro tanto le forme del conflitto quanto quelle della decisione. Una narrazione che trova significativi punti di caduta nel c.d. pacchetto di riforme dell’attuale maggioranza puntualmente ripercorse da Claudio De Fiores e analiticamente esaminate in relazione alla proposta presidenzialista e al progetto di autonomia differenziata. Laddove ci sarebbe bisogno, per far fronte al crescente deficit di legittimazione delle nostre istituzioni democratiche, di codificare dei controlimiti sociali ai vincoli esterni derivanti dai dogmi neoliberali ratificati nei Trattati dell’Unione europea (Stefano Fassina); di rilanciare e valorizzare l’autonomismo (Michele Della Morte); il parlamentarismo (Anna Finocchiaro); la forma legge (Marco Benvenuti); i fondamentalissimi principi  di solidarietà e di emancipazione sociale (Laura Ronchetti). La filosofia dominante è, viceversa, negli ultimi decenni quella di una accresciuta marginalizzazione dei luoghi della rappresentanza politica nazionale e territoriale, delle procedure cooperative dell’integrazione nazionale, delle istituzioni di garanzia a partire da quelle giurisdizionali (Giusi Sorrenti). Una filosofia troppo spesso alimentata e legittimata da politiche confuse, contraddittorie, subalterne all’aria che tirava già da parte dei governi di centrosinistra. Siamo, peraltro, consapevoli che la decostituzionalizzazione è un processo alimentato da una risalente e legittima insofferenza popolare per le degenerazioni partitocratiche, burocratiche e tecnocratiche della Prima e della Seconda Repubblica. E che questa decostituzionalizzazione è solo la parte destruens della “dottrina costituzionale” delle destre. Gli ulteriori approfondimenti contenuti in questo numero ambiscono a indagare anche il versante, per così dire, costruens. Quale idea di società, quale senso dello Stato. A partire dai programmi elettorali alla loro implementazione nell’azione di governo, i contributi di Donato Caporalini, Oriano Giovannelli, Antonio Cantaro, Andrea Guazzarotti, Vincenzo Comito, Andrea Ciarini, ci offrono un primo significativo spaccato dell’orizzonte complessivo in cui si è sin qui mosso l’esecutivo Meloni. Muovendo dalla tutela dell’interesse nazionale, la “bussola” alla quale l’attuale governo delle destre dichiara ripetutamente volersi quotidianamente ispirare. Un indirizzo che merita di essere interrogato ed approfondito da tutti coloro (dentro e fuori le istituzioni) che ambiscono a contrastare questo disegno. Non è vero, infatti, che sotto il vestito dell’interesse nazionale in salsa meloniana non ci sia niente. A inquietare è, piuttosto, ciò che c’è, ciò che si intravede sotto il velo della propaganda e della retorica. Comprenderne la logica e le ragioni del tutt’altro che trascurabile consenso di cui continuano a godere nel Paese le destre di governo è il primo e indispensabile passo per una declinazione alternativa dell’interesse nazionale in un orizzonte progressista e di civilizzazione, come a lungo è avvenuto nella storia del costituzionalismo democratico-sociale. Torneremo presto, più diffusamente e analiticamente, a parlarne. Contrastare l’esecutivo Meloni sul terreno delle sue contraddizioni identitarie e delle sue azioni ed omissioni è certamente doveroso, ma tutt’altro che sufficiente.

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