IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Don’t look up!

Le resistenze al processo di decarbonizzazione dell’economia stanno spingendo verso la pericolosa e illusoria scorciatoia dell’ingegneria climatica. La soluzione, secondo il politologo americano Iann Bremmer, va viceversa cercata nella ripartizione equa dei sacrifici tra paesi ricchi e paesi poveri.

Far partire la storia del cambiamento climatico da una guerra civile e dalla tragedia dei rifugiati può sembrare strano. Molti, del resto, credono ancora che si tratti in buona sostanza di scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare, balene da salvare e alberi da abbracciare. Ma il riscaldamento del pianeta crea condizioni meteorologiche imprevedibili che provocano siccità in alcuni luoghi e inondazioni in altri, sconvolgendo vite e mezzi di sussistenza, soprattutto nei paesi più poveri del mondo, con popolazioni di giovani in rapida crescita. Se il riscaldamento non verrà arrestato, i disastri climatici spingeranno centinaia di milioni di persone ad abbandonare i luoghi in cui vivono, nella maggior parte dei casi senza avere una meta ben precisa. Questo fenomeno provocherà ovunque instabilità economica e politica. (…) Le catastrofi in Siria e in America centrale sono solo l’inizio. Sono previsti forti aumenti demografici in Africa (+ 55 per cento entro il 2040), Asia meridionale (+18,4 per cento) e America centrale (+18,8 per cento). La popolazione in età da lavoro della sola Africa sub sahariana aumenterà di quasi un miliardo di individui tra il 2020 e il 2060. Queste persone saranno le più colpite dal cambiamento climatico. Secondo l’ONU il numero di persone denutrite nei paesi dell’Africa sub sahariana esposti alla siccità è aumentato del 45,6 per cento tra il 2012 e il 2020.

Uno scenario catastrofico

Il cambiamento climatico ha svolto un ruolo chiave in questo triste balzo. Rispetto a molti altri paesi, gli Stati Uniti sono più distanti da queste sfide migratorie. Ma ora devono fare i conti con le loro crisi interne. (…) Pensiamo ad esempio agli incendi senza precedenti sulla costa occidentale e alle inondazioni sulla costa orientale che hanno distrutto vite e abitazioni e rilasciato sostanze chimiche pericolose nelle false acquifere. Alcuni studi mostrano che entro i 2050 il calore e il livello di umidità in alcune parti del Midwest e della Louisiana potrebbero rendere difficile il raffreddamento del corpo umano per ben diciotto giorni l’anno. Diventerà più difficile coltivare il cibo in vaste aree degli Stati Uniti. (…) Facciamo qualche proporzione: lotteremo contro il Covid e i suoi effetti per anni, ma il clima ci terrà occupati per decenni, e stravolgerà molte più vite. Molti danni sono già irreversibili e la gestione degli impatti sarà una delle massime priorità per la prossima generazione di leader globali. (…) in termini di tempo geologico tutto questo è accaduto in un istante. Durante l’era industriale, iniziate circa duecentosessanta anni fa, la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera è aumentata del 30 per cento, facendo salire la temperatura della Terra di 1,2 gradi Celsius. Questo cambiamento sta acquistando slancio; i vent’anni più caldi mai registrati sono caduti tutti negli ultimi ventidue anni. Lo scioglimento dei ghiacci intorno ai poli ha fatta salire il livello del mare di circa venti centimetri nel corso del XX secolo e potrebbe farlo aumentare di un altro metro entro al fine del XXI, stando ai dati delle Nazioni Unite. Oggi l’1 per cento circa della superficie terrestre è vicine al punto di essere diventato troppo caldo per ospitare qualsiasi forma di vita (pensiamo al Sahara). Si prevede che entro il 2070 questa percentuale supererà il 20% circa. (…) Più calore significa più acqua nell’aria, e ciò incide su temperatura, umidità, pressione atmosferica e instabilità atmosferica, tutti elementi che alterano drasticamente le condizioni metereologi che. Significa tempeste più violente e più frequenti, più inondazioni, più incendi, più siccità. Come ha dichiarato Tanya Steele, capo del World Wildlife Fund, nel 2018: «Siamo la prima generazione a sapere che stiamo distruggendo il nostro pianeta e l’ultima che può fare qualcosa per impedirlo».

La politica di traverso

Le soluzioni a questi problemi sono profondamente sovversive – politicamente, economicamente e socialmente – e ciò rende più facile per alcuni negare il consenso scientifico o semplicemente temporeggiare. (…) Limitare l’uso dei combustibili fossili è il perno di qualsiasi strategia climatica. Tuttavia, i soggetti che generano i maggiori profitti da questi combustibili – i paesi dell’OPEC, la Russia e altre nazioni, compresi gli Stati Uniti, che sono ora il primo produttore mondiale di petrolio – hanno forti incentivi finanziari a rallentare il processo. Molti governi delle nazioni produttrici verranno colpiti direttamente, perché il 65 per cento delle riserve globali di petrolio è ora detenuto da imprese statali, non dalle multinazionali del settore privato che siamo abituati a conoscere. (…) Anche se in gran parte del mondo le energie rinnovabili sono diventate più economiche del carbone, la costruzione di infrastrutture ex novo – e lo scompiglio che creerà nei mercati del lavoro – renderà questa transizione complicata ed estremamente costosa, soprattutto per i paesi invia di sviluppo. Cina e India, i due paesi più popolosi del mondo, sono ancora molto dipendenti dal carbone per la generazione elettrica destinata al mercato domestico. (…) Altri paesi, incapaci di funzionare senza i proventi dei combustibili fossili, crolleranno. L’esempio più eclatante è il Venezuela, sede delle più grandi riserve di greggio del mondo nonché un paese già profondamente instabile, costretto a importare quasi tutti gli altri prodotti di consumo. Con l’avanzare delle strategie di de carbonizzazione, questi paesi esporteranno meno petrolio e più instabilità. Persino il colosso di risorse naturali, la Russia, ha compiuto ben pochi progressi in termini di diversificazione della sua economia, condannandosi alla stagnazione e al disordine politico nei prossimi decenni. La transizione verso un’energia più pulita trasformerà anche la geopolitica, in quanto le vecchie partnership basate sui combustibili fossili – Europa e Russia, Stati Uniti e Arabia Saudita – diventeranno meno rilevanti. Questa tendenza creerà più incertezza geopolitica perché sposterà l’equilibrio di potere all’interno di intere regioni.

Interessi economici e calcoli politici versus transizione energetica

I governi dipendenti dai combustibili fossili non sono gli unici cha opporre resistenza al nuovo ordine mondiale. Le imprese e i lavoratori il cui sostentamento dipende dall’estrazione , dalla raffinazione e dal trasporto dell’energia non appoggeranno i piani per il raggiungere l’obiettivo dello zero netto. Le maggiori aziende energetiche del mondo hanno investito centinaia di miliardi di dollari in progetti a lungo termine che genereranno profitti solo tra qualche anno o decennio. Sanno che l’abbandono su larga scala dei combustibili fossili ‘bloccherà’ le loro attività strategiche al punto da costringere molte di esse ad uscire dal mercato. (…) un altro ostacolo al raggiungimento dello zero netto è il fatto che la politica interna sui temi del cambiamento climatico e della decarbonizzazione assumerà contorni terribili in tutto il mondo. Sono pochi i leader eletti ansiosi di assumersi la responsabilità di politiche che infliggono sofferenze nel breve termine, soprattutto se saranno i futuri leader a incassarne i meriti quando se ne vedranno i risultati. I leader sanno anche che ottengono maggiori riconoscimenti se affrontano problemi locali invece di quelli globali. È più facile temporeggiare sul carbonio e farlo diventare il problema di qualcun altro. (…)
I rischi della geo-ingegneria
In un mondo in cui i leader politici dicono ai propri elettori che i muri sono in grado di proteggerli dalle minacce esterne, alcuni governi adotteranno nuove tecnologie capaci di offrire cure miracolose che non richiedono sacrificio alcuno. I cittadini, lieti di sentir parlare di soluzioni rapide ed economiche, saranno ansiosi di provarle. La ‘geo-gingeneria’ o ‘ingegneria climatica’, si prefigge di affrontare il problema del carbonio del carbonio nell’atmosfera attraverso al manipolazione del clima. Lo ‘sbiancamento delle nuvole’ (o ‘schiarimento delle nuvole’) è una tecnica mediate la quale si spruzza una nebbia di goccioline d’acqua di mare sotto pressione e Sali disciolti ad altitudini elevate per creare cristalli di sale e nuove goccioline d’acqua, aumentando la copertura delle nuvole sugli oceani e riflettere le radiazioni solari in entrata nello spazio. Altri progetti prevedono il rilascio di zolfo nella stratosfera per produrre un effetto simile allo sbancamento delle nuvole, ma molto più lontano dalla superficie terrestre. Gli scienziati stanno tuttavia discutendo sia della fattibilità che dei risvolti etici di queste tecniche, in particolare di quelle in programma all’interno di singoli paesi. Nebulizzare aerosol di solfati negli strati superiori dell’atmosfera per raffreddare la terra riflettendo la radiazione solare nello spazio è rischioso. È molto più economico di una riduzione drastica delle emissioni di carbone (tagliare dall’oggi al domani le emissioni significherebbe rallentare la crescita e probabilmente cancellare milioni di posti di lavoro). Ma non conosciamo i potenziali pericoli né sappiamo se possa effettivamente funzionare. Un’altra possibilità è continuare a pompare CO₂ ma sviluppando strumenti in grado di ‘catturarne’ gran parte prima che raggiunga l’atmosfera. È un po’ come raccogliere la spazzatura e seppellirla in una discarica. Il problema, oltre al costo, è che questo carbonio verrà probabilmente stoccato nei paesi poveri che hanno bisogno del denaro offerto loro per ospitarlo; e sarebbero sempre i poveri a rischiare i danni causati da eventuali fuoriuscite. In alternativa, potremmo riversare ingenti quantità di polvere di ferro negli oceani per far crescere il plancton che si occuperà di assorbire tutto quel carbonio. Lo svantaggio di una soluzione del genere, affermano alcuni scienziati, è che potrebbe uccidere buona parte della vita oceanica rimuovendo l’ossigeno dall’acqua senza peraltro assorbire molto carbonio. Nessuno conosce gli effetti a lungo termine di queste tecnologie né sa se il loro utilizzo in un paese avrà un impatto su quelli vicini. Non abbiamo ancora compreso abbastanza a fondo la capacità di adattamento dell’atmosfera terrestre per permettere ai singoli governi di testare teorie che potrebbero avere effetti globali (e permanenti). (…) Per contenere il cambiamento climatico e le catastrofi che può generare, e farlo ripartendo equamente i costi tra le nazioni ricche e quelle povere, i maggiori emettitori di carbonio del mondo – Stati Uniti, Unione europea, Cina, India, Brasile e altri paesi – devono superare le loro divergenze in atri ambiti e lavorare insieme. Devono condividere liberamente le informazioni e coordinare i loro piani. Devono inoltre condividere la responsabilità dei costi e dei rischi che fare la cosa giusta comporta. Devono farlo perché, in caso contrario, tutti ne faranno le spese. [Da Iann Bremmer, Il potere della crisi. Come tre minacce e la nostra risposta cambieranno il mondo, EGEA edizioni, 2022].

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