IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Dopo l’Ucraina. Un nuovo ordine energetico mondiale?

Tra i tanti effetti del conflitto ucraino non bisogna sottovalutare la formazione progressiva di un nuovo ordine energetico mondiale incentrato su una inedita alleanza tra Cina e Paesi del Golfo e un ridimensionamento del ruolo globale del dollaro.

Amory Lovens è uno scienziato americano che già nel 1976 aveva consegnato al presidente Jimmy Carter un piano per uscire dal carbone e dal petrolio in quaranta anni attraverso in particolare le “economie di energia”, prevedendo tra l’altro che si poteva triplicare il rendimento energetico del paese (Vidal, 2022). Egli difende ancora oggi una strategia basata, oltre che sullo sviluppo delle energie rinnovabili, soprattutto sulle economie di energia, quest’ultimo costituendo il mezzo più ambizioso, meno caro, più sicuro, più pulito e più rapido per intervenire, sottolinea da sempre Lovens. Ma nonostante che oggi siano disponibili tutte le tecnologie necessarie per effettuare in pochi anni una rivoluzione energetica che ci libererebbe sostanzialmente dalle energie fossili, il processo si rivela come molto lento, sebbene la guerra in Ucraina gli ha dato un impulso rilevante. Occorre sottolineare a tal proposito lo scoppio della guerra ha comportato mutamenti molto importanti nel mercato energetico.

Verso un’alleanza tra Cina e paesi del Golfo

Come ci ricorda un recente articolo apparso sul Financial Times (Foroohar, 2023), nel 1945 si era stretta una grande alleanza tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita. Gli Usa assicuravano la sicurezza del Medio Oriente in cambio della vendita del petrolio arabo in dollari e un approvvigionamento sicuro nei confronti degli Usa.
Oggi la guerra in Ucraina sta riorientando i flussi energetici a livello mondiale, con il petrolio ed il gas russi che si concentrano verso l’Est, in particolare l’Asia, mentre quelli dei paesi del Golfo che si dividono tra l’Est e l’Ovest. Al di là di questo aspetto, gli Stati Uniti si sono resi sostanzialmente indipendenti dal petrolio arabo con lo sviluppo dello shale oil, mentre sembra concretizzarsi un cambiamento di alleanze, con la Cina che si sostituisce progressivamente agli Stati Uniti. Lo testimonia da ultimo il recente viaggio di Xi nella penisola arabica. Attraverso l’accordo tra Cina e paesi del Golfo, come ci ricorda sempre il Financial Times, si va plausibilmente verso la nascita del petroyuan, nell’ambito di uno sforzo più generale per de-dollarizzare i paesi del Brics e non solo dal dominio fin ora incontrastato del biglietto verde.
In sostanza, la Cina aumenta fortemente gli acquisti di petrolio dai paesi del Golfo, stringe un’alleanza con loro per una cooperazione globale in campo energetico, con la ricerca in comune di nuove fonti energetiche nel mondo e investimenti in raffinerie. E, allo stesso tempo, promuove l’avvio della regolamentazione di tutti gli affari in yuan.
La spinta all’utilizzo crescente dello yuan (come del resto di altre monete nazionali, ad esempio della rupia indiana) nel regolamento degli scambi internazionali e delle operazioni finanziarie è da porre in particolare in relazione con la militarizzazione delle riserve in dollari straniere operata dagli Stati Uniti, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Ci si riferisce, in particolare, al congelamento delle riserve in dollari della Russia e l’esclusione di tale paese dal circuito bancario internazionale Swift. Si è trattato di un colpo molto duro da digerire per moltissimi paesi “non occidentali”, che, nel timore di un possibile futuro utilizzo di tale tipo di sanzioni nei loro confronti, stanno cercando di comprendere quali rimedi avrebbero a disposizione. Non va trascurato, inoltre, che il settore del petrolio (dai paesi dell’Opec all’Iran, al Venezuela, alla Russia, etc) è dominato nel mondo da paesi che hanno più cose in comune con la Cina che con gli Stati Uniti. Da ultimo bisogna ricordare che la Cina ha offerto di rendere il renminbi convertibile in oro.

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