IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

È il tempo della trattativa

Dopo oltre 500 giorni l’ecatombe di morti vede sfumare gli scopi di entrambi gli schieramenti. Sarebbe venuto il tempo di trattare, ma abbiamo perso il senso delle proporzioni. Come Ulisse il retore, i politicanti di oggi ripetono l’unico argomento che hanno: i morti non lo vogliono.

«In ogni guerra arriva il momento in cui ti accorgi che il mondo in cui sei vissuto svanirà per colpa di tutti quei morti. E la paura ti trafigge come accade quando scopri che hai perduto l’infanzia, e che quella stagione felice ormai è irrimediabilmente alle tue spalle. Quel segno certo che una grande tragedia si sta compiendo corrisponde al momento in cui il conflitto non ha più un obiettivo definibile. Fino a un istante prima le parole di politici prepotenti o furbi davano alla testa come un vino buono. Erano piene di midollo, di sostanza e di fuoco. Poi iniziano con cadenza inesorabile a svanire. E restano solo delle miserevoli bucce vuote. Alla vigilia del vertice Nato di Vilnius attorno a noi il terreno è appunto coperto di bucce vuote. Urlatori e mezzani sono all’opera con bellicistici raptus oratori, tardotelevisivi e neomediatici. Insonni mezzemaniche addetti alla cucina verbale e scritta riforniscono l’arsenale di slogan, tecnicismi giuridici e militareschi, insulti e scomuniche. Ma che tessiture diplomatiche! Ma quale negoziato generale ispirato a uno spirito di giustizia! I falchi volano bassi. I momenti tragici davvero paralizzano le intelligenze».

Un altro inverno è andato inutilmente in cenere

«Da quando i carri armati russi hanno sconciamente invaso l’Ucraina un altro inverno è andato inutilmente in cenere. Città di calcinacci si susseguono come onde pietrificate di un mare pericoloso. In questo tempo, che nell’isolamento delle trincee prima di spezzare i corpi dissolve senza misericordia le anime, la progressiva scomparsa di ogni obiettivo definibile è diventata la vera chiave della guerra. La guerra in sé e per sé: l’esempio perfetto, avrebbero detto i marxisti, della guerra reazionaria che sul campo fa strage dei proletari di entrambe le parti e ingrassa gli affaristi di molte latitudini.

All’inizio sembrava tutto chiaro. L’obiettivo russo era la egolatrica cancellazione dell’Ucraina come soggetto indipendente e anti-russo e la sostituzione di Zelensky con qualche manovrabile vassallo che accetti moscoviti beneplaciti padronali. Il dichiarato obiettivo ucraino era speculare: riprendersi quanto perduto dal 2014 e ottenere infrangibili e automatiche garanzie, soprattutto militari, dagli Stati Uniti. Lo scopo di Washington e dei suoi alleati più maneschi, Inghilterra, Polonia e baltici, si fissava nella sconfitta-esecuzione di Putin e nella usura irrimediabile della potenza militare ed economica russa».

Uno Stato militarizzato

«Dopo 500 giorni nessuno di questi scopi esiste più. Mosca non riuscirà più a rimettere sotto controllo Kiev diventato uno Stato militarizzato. Ma la riconquista dei territori rubati, a sua volta, è fuori portata per l’esercito ucraino pur imbottito di tutte le armi dell’Occidente: semplicemente perché è al di sopra delle sue forze. L’annientamento della Russia come potenza militare, poi, richiederebbe un intervento diretto della Nato, difficile da far accettare come necessario alle opinioni pubbliche occidentali comodamente non belligeranti. E urta comunque con la spinosa realtà delle cinquemila atomiche russe. Di cui non si parla come avviene per argomenti che hanno un che di patologico, per cui vale la regola di discrezione che vieta ad esempio di far cenno a malattie di cui soffriamo noi o altri. Ma come tutti i fatti la Bomba è lì, inaggirabile anche dalle più astute filibusterie labiali della propaganda. Eppure ci sono alcuni finti “Candide” che continuano a garantire che tutto si risolverà in pochi mesi o anni di guerra, seguiti da una fraternizzazione universale “sub signo’’ americano, ovviamente».

Stiamo perdendo il senso delle proporzioni

«Tutto questo è grave perché quando si lotta per un obiettivo raggiungibile si possono valutare i costi della lotta e decidere fino a che punto valga la pena di pagarli. È l’unico scenario in cui esiste un margine per il compromesso, ma se si combatte ferocemente come è inevitabile in queste guerre illimitate non c’è più equilibrio, proporzione, confronto. La necessità del battersi la si misura sulla base dell’immensità dei sacrifici che ha già richiesto. E poiché sono già immensi da entrambe le parti l’unica via possibile è continuare a uccidere e morire.

Insomma: lo scopo è il niente e il valore di questo niente si misura soltanto con il prezzo che impone di pagare. In questo scenario i negoziati perdono ogni significato e valgono solo come segni o possibili vantaggi strumentali e temporanei. Per aumentare le possibilità di vittoria, non certo per trovare un accordo.

Stiamo progressivamente perdendo il senso delle proporzioni, della misura, dell’obbligatorio rapporto tra i mezzi e i risultati. Che lo faccia un guastafeste di piccola levatura come Putin ahimè! è spregevole ma ovvio: se la guerra si fa grande e uno stato di pace non esiste più, lui può continuare a parlare da padrone dei russi. Le società chiuse da un potere tirannico hanno bisogno di innescare minuti di odio quotidiano. Ma che ci degradiamo noi, lasciandoci imbeccare da una propaganda abbellita di omissioni e di mostri, ebbene questo ci condanna».

La lezione di Omero

«Delle conseguenze di una guerra senza obiettivi era ben consapevole Omero. Lo scopo di quella mischia sanguinaria avrebbe dovuto essere il corpo di Elena che interessava solo due persone, Menelao e Paride. Per tutti gli altri, achei e troiani, che non l’avevano mai vista, la maliarda, al massimo poteva essere un simbolo. La sua importanza si misurava solo nella immensità dei sacrifici che aveva causato in quella pianura impastata di sangue. Quando Omero racconta la ribellione degli achei che, esausti, chiedono di tornare a casa, fa entrare in scena Ulisse il politicante, il retore, che usa un argomento per dissuaderli, l’unico che ha: por fine alla guerra significherebbe tradire i compagni morti.

Nel 1917 il presidente francese Poincaré, facinoroso canterino della vittoria a tutti i costi, a chi suggeriva di trattare con i tedeschi invasori vista la mostruosità della inutile strage, rispose allo stesso modo: i morti non lo vogliono. Nel tremendo 1917 nessuno dei belligeranti aveva più obiettivi credibili per una guerra nata da un delitto in una periferica cittadina dei Balcani».

(Domenico Quirico, tratto da La Stampa, già pubblicato su Naufraghi, 12 luglio 2023)

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