IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

Grozio nel Novecento di Antonio Del Vecchio

Secondo Del Vecchio, due sono le linee fondamentali di ricezione di Grozio nel Novecento: quella che ha cercato nel giurista olandese una risposta ai problemi della realtà internazionale e quella che si è concentrata sul significato storico della sua opera.

Nel secolo dei conflitti mondiali, dello scontro tra i blocchi, della decolonizzazione si possono distinguere schematicamente due linee fondamentali di ricezione (…)
La prima – in larga parte giuridica e internazionalistica- ha continuato a riferirsi al pensiero groziano per rispondere a problemi della realtà internazionale ritenuti perenni o comunque per individuare, quanto meno per analogia, modelli di ordine ancora potenzialmente validi. La questione di fondo dunque è quella relativa all’importanza che Grozio potrebbe ancora avere nel nostro tempo. La seconda linea di ricezione, non necessariamente scissa dalla prima, si è concentrata innanzitutto sul significato storico dell’opera dell’autore di Delft e la posta in gioco, esplicita o implicita, di gran parte del dibattito è in questo caso relativa alla definizione del posto che la riflessione di Grozio ha occupato nel suo contesto specifico e nell’evoluzione del pensiero europeo, all’incrocio tra epoche e paradigmi di pensiero diversi.

Una prospettiva normativa e idealistica dei rapporti internazionali

Per quanto riguarda il primo filone, un primo momento importante è costituito dal periodo a cavallo tra le due guerre mondiali. Nel 1915 era stata fondata la Grotius Society, di cui faceva parte come membro onorario anche il presidente americano Wilson, con l’obiettivo di sviluppare una riflessione “cosmopolita” sulla guerra e sul diritto internazionale (…) Intento di questa operazione non era solo dare risalto a testi ritenuti centrali per il diritto internazionale moderno, ma anche di diffondere quello che era interpretato come un messaggio pacifista, che ripristinava un nesso forte tra guerra e giustizia e permetteva di affermare solidi principi liberali nel campo delle relazioni internazionali. Nel periodo tra le due guerre una prospettiva simile sarebbe stata sviluppata da autori come van Vollenhoven e Lauterpacht. Per il primo era fondamentale in Grozio l’idea che la politica internazionale fosse vincolata ad obblighi “di altruismo e carità”: i singoli Stati avrebbero dovuto tenere conto non soltanto dei propri diritti e interessi, ma di quelli di tutto il genere umano, e utilizzare la guerra solo come strumento di punizione di crimini internazionali. Anche Lauterpacht riteneva che il De iure belli ac pacis avesse affrontato tutti i problemi costanti del diritto internazionale e forse stato un fondamentale veicolo di “idealismo e progresso”. L’istanza essenziale di quella che questo autore definiva “tradizione groziana” era rappresentata dalla necessità di sottoporre l’intero ordine delle relazioni internazionali e la sovranità degli Stati a regole di diritto razionali e vincolanti, capaci di regolare la coesistenza dei diversi popoli così come la libertà e i diritti degli individui. Contro questa interpretazione liberale, universalistica e “wilsoniana” si sarebbe scagliato, non a caso, Carl Schmitt, che invece aveva letto le posizioni groziane come espressione di conservatorismo (…)

La prospettiva di una società internazionale pluralista

Non necessariamente, tuttavia, il richiamo a Grozio è coinciso con l’affermazione di una concezione normativa e idealistica dei rapporti internazionali: un’interpretazione diversa della “tradizione groziana” è stata offerta, sempre nella seconda metà del Novecento, da teorici delle relazioni internazionali come Martin Wight e soprattutto Hedley Bull, che rinveniva nel De iure belli ac pacis un modello di ordine alternativo tanto al realismo quanto all’ideale di una civitas maxima e basato sull’assunto che… “rulers and peoples might constitute a society among themselves, an anarchical society or society without government“.
Grozio aiuterebbe a pensare una società internazionale pluralista, composta da Stati sovrani che riescono a darsi regole comuni e a cooperare anche in assenza di un potere ad essi sovraordinato, risultando perciò molto vicino a quelle che sono state le coordinate effettive del sistema inter-statualistico moderno. Anche in questo caso, comunque, l’accento è posto su quegli aspetti della riflessione groziana che possono apparire rilevanti per il nostro mondo. La possibilità di avvicinare così tanto i contenuti del De iure belli ac pacis alle coordinate di un ordine che si sarebbe delineato solo dopo la sua morte rischia tuttavia di essere anacronistica (…)

Il problema della modernità di Grozio

Oltre a questi tentativi di attualizzare Grozio, non sono mancate nel Novecento – come si diceva – letture maggiormente indirizzate alla comprensione storica del suo pensiero, che, anche al di là dell’ambito internazionalistico, hanno contribuito all’indagine critica sulle fonti, sul contesto, sui presupposti teologici, filosofici, della teoria groziana, anche grazie allo stimolo delle numerose iniziative che hanno accompagnato il quarto centenario della nascita del giurista olandese e della fondazione, nel 1980, della nuova serie della rivista “Grotiana”. Punto cruciale in questo caso è quello della modernità di Grozio: gli interpreti più o meno recenti hanno dovuto costantemente domandarsi quali siano stati i debiti con la tradizione classica, medievale, scolastica, umanistica e quali gli elementi di originalità che invece, sul piano teorico, metodologico o politico, preludono a un paradigma o almeno a un orizzonte di problemi nuovi. Le risposte sono state quanto mai variegate e hanno messo in rilievo sia la continuità con il passato sia, all’opposto, la discontinuità.

[Ugo Grozio, Il diritto di guerra e di pace, a cura di Carlo Galli e Antonio Del vecchio, Scuola di Pitagora, 2023]

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