Se la guerra è politica, nella politica non c’è argine alla guerra. E le guerre permanenti dei nostri giorni sono guerre antipolitiche. Ma a che serve separare concettualmente politica e guerra? In termini pratici, a nulla: questo non porrà termine alla guerra. Serve però – sostiene Luigi Alfieri – a un’igiene del pensiero, a non scambiare il disordine con l’ordine, l’abnorme con il normale, la morte con la vita. Ma igiene del pensiero – ci ricorda Anna Finocchiaro – è anche non dimenticare la lezione marxiana che non c’è progresso senza conflitto e che è il conflitto che va governato, non il dissenso. Che è necessario tornare a praticare la dimensione trasformativa del conflitto (Rosanna Castorina), al di là delle politiche identitarie. Che, tuttavia, vanno prese molto sul serio a partire da quelle degli ‘apostoli’ dell’identità nazionale. Una identità che si candida a coprire le insicurezze e lo smarrimento degli uomini del mondo globalizzato, specie di quelli che si sentono esclusi dai suoi benefici. Gli orfani della belle époque della globalizzazione, da tempo esemplarmente incarnati da quegli americani che al grido di USA USA hanno nuovamente incoronato le scorse settimane Donald Trump ‘capo’ della nazione americana (Antonio Cantaro).
I contributi che ospitiamo in questo numero sono in larga misura una rielaborazione delle principali relazioni svolte nei due seminari promossi, con la nostra convinta adesione e partecipazione, da Itinerari e incontri nei mesi di settembre e ottobre del 2024. Il primo recava il titolo “L’uomo è antiquato?”, il secondo il titolo “Nel cuore dell’umano: affrontare i conflitti” (https://www.itinerarieincontri.it/wp-content/uploads/2024/08/2024-Locandina-programma.pdf). La cronaca di questi mesi e di queste settimane – non solo di quella politica e geopolitica – ha ampiamente confermato l’urgenza di una riflessione profonda e radicale come quella proposta da tutti i partecipanti ai seminari fanesi. Un preliminare, quanto doveroso e indispensabile atto di igiene politica che non ha la pretesa di trarre “conclusioni” e fare “sintesi”. Siamo veramente all’inizio di un percorso che non può certamente finire con questo numero. Ci piace, tuttavia, sottolineare che le motivazioni alla base delle due giornate escono rafforzate dagli argomenti trattati nel corso dei due seminari, dalla loro evidente pertinenza con i “fenomeni morbosi” che quotidianamente attraversano le nostre vite.
Quanto mai cruciali, oltre a quelli già citati, sono a questo proposito i temi al centro dell’attenzione dei contributi di Federico Losurdo (IA, quando il mezzo diventa soggetto), di Cristiano Bellei (Mimetismo e violenza nei social). Ciascuno, a partire da un fondamentale punto di osservazione (intelligenza artificiale, social network), ci ‘racconta’ come eravamo e cosa siamo diventati. Quella “condition humaine” di cui parla nel suo breve e quantomai perspicuo viaggio intellettuale Peter Kammarer (Si è fatto buio a mezzogiorno): la lotta di tutti contro tutti come forma privilegiata di convivenza. E qui torniamo dal punto da dove siamo partiti. Parlarne onestamente e trasparentemente non porrà fine alla molecolare guerra civile dei nostri giorni, ma è un doveroso e preliminare atto di igiene mentale. Ci torneremo ancora, presto, molto presto. Chiediamo a tutti i nostri ormai numerosi collaboratori di aiutarci a ‘cercare, cercare ancora’. Per trasformare questo nostro modesto web magazine in una vera e propria comunità di pensiero. L’azione verrà quando verrà. Per l’intanto facciamo quel che si deve e accada quel che può.