Più o meno nelle stesse ore in cui Papa Francesco precisa e aggiorna il suo giudizio sulle guerre in corso (una «quasi terza guerra mondiale»), il governo di Israele e il governo degli Stati Uniti sostengono, a fronte di un sempre più probabile conflitto su larga scala in Medio Oriente, che non si tratta di guerra né mondiale né regionale, ma di un regolamento di conti (roba un tempo da film western e da faide tra bande di mafiosi). Così letteralmente ed espressamene Netanyahu: «abbiamo saldato i conti con i responsabili dell’omicidio di innumerevoli israeliani e di molti cittadini di altri Paesi, compresi centinaia di americani e decine di francesi», ha detto subito dopo l’uccisione di Nasrallah. «E non è ancora finita» ha dichiarato il portavoce dell’esercito israeliano Hagari. Per Netanyahu e la destra israeliana la guerra non è più da tempo una continuazione della politica con altri mezzi, ma sembra essere diventata una vendetta fine a sé stessa. All’ineffabile Netanyahu hanno fatto eco nelle stesse ore gli sceriffi Joe Biden e Kamala Harris per i quali l’eliminazione terroristica di tutti gli attuali vertici di Hezbollah e della popolazione libanese che si trova attorno a loro è una misura di giustizia per il sangue versato da migliaia di civili americani e israeliani. La diplomazia, il diritto internazionale, i tribunali sono ormai tutta roba del passato, retoricamente buoni solo quando l’aggressore è la Russia di Putin. Ma ancor più stridente con la verità è la denominazione ufficiale, «Nuovo Ordine», delle operazioni che l’esercito israeliano sta compiendo in queste ore in Libano. Il divorzio delle parole dalla realtà ha raggiunto il suo culmine. Ed è la nostra indifferenza verso la sacralità della vita – quella degli altri – il brodo di coltura di questa istituzionalizzazione dell’odio senza fine. Hezbollah ha probabilmente in questi giorni perso il suo crisma di invincibilità (ma attenti a dimenticare, ha ricordato Domenico Quirico, che quando muore un capo, ne subentra un altro), l’Occidente rischia di perdere definitivamente la sua credibilità. Non lo faccia in nome della nostra sicurezza e di quella dello Stato di Israele. É proprio la nostra sicurezza e l’esistenza di Israele che il «Nuovo Ordine» di Netanyahu e di Kamala Harris (su quello di Donald Trump stendiamo un velo pietoso) sta tragicamente compromettendo. Gli antisionisti non abitano solo sotto le macerie di Gaza, di Beirut, nella capitale iraniana, ma anche a Tel Aviv e a Washington. Fermarli non è nelle nostre forze, ma tacere è complicità. Tajani ha invitato in queste ore gli italiani (ma non al momento i militari) ad andare via dal Libano. Doveroso, a questo punto. Ma assai al di sotto delle responsabilità di un Ministro degli esteri di un Paese che in passato aveva dimostrato di avere almeno un autonomo punto di vista politico e geopolitico su ciò che accade intorno a noi. Alle riunioni dei cosiddetti Ministri degli Esteri dell’Unione europea ormai non credono più né i bambini né i marziani.