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cultura politica e costituzionale

IDEATO E DIRETTO
DA ANTONIO CANTARO
E FEDERICO LOSURDO

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IDEATO E DIRETTO DA ANTONIO CANTARO E FEDERICO LOSURDO

La Costituzione dell’algoritmo

Costituzionalizzare l’algoritmo e digitalizzare la costituzione. Per invertire il deterioramento dei diritti e riportare la costituzione al centro della vita politica e pubblica. In esclusiva per fuoricollana.it l’introduzione del libro tradotto in italiano del costituzionalista spagnolo Francisco Balaguer Calleión.

Il mondo di oggi è regolato in gran parte da algoritmi ideati dalle grandi aziende tecnologiche, le quali configurano i processi di comunicazione principalmente in base ai loro interessi economici. Dal punto di vista del costituzionalismo, questi algoritmi e la realtà virtuale che generano stanno provocando importanti rotture che potrebbero essere catalogate come segue.

1. La prima rottura è quella del contesto culturale della costituzione, con la configurazione di nuovi fattori di legittimazione che corrispondono ai fattori di potere globali del nostro tempo, in particolare a quelli tecnologici. Nuovi orientamenti culturali e nuovi paradigmi si stanno imponendo, trasformando la cultura costituzionale, provocando uno svuotamento della densità costituzionale dei diritti e delle istituzioni, e rendendo difficile lo svolgimento delle funzioni della costituzione: il controllo del potere, la garanzia dei diritti e la canalizzazione dei conflitti sociali e politici fondamentali.

2. La seconda, la rottura della costituzione come riferimento culturale unitario (costituzione analogica vs. costituzione digitale). Questa scissione genera molte altre rotture che prendono forma nel sistema giuridico, nel sistema delle fonti del diritto e nei diritti costituzionali. In generale, l’esistenza di una certa incompatibilità tra gli algoritmi e l’aspetto procedurale della democrazia pluralista e del diritto costituzionale, come processo pubblico, plurale e partecipativo, non può essere sottovalutato.

3. La terza rottura avviene tra realtà fisica e realtà virtuale. La prima è ancora regolata dallo Stato attraverso il diritto pubblico. La seconda ha una portata globale ed è essenzialmente ordinata dalle società tecnologiche attraverso il diritto privato. Non si tratta quindi di due realtà diverse solo nella loro configurazione, ma anche nella loro organizzazione: la dimensione fisica, essenzialmente statale e pubblica, e quella virtuale, globale e privata. Inoltre, la realtà virtuale non riflette la realtà fisica, ma la distorce e la sottopone agli interessi economici delle grandi aziende tecnologiche che la stanno progettando e configurando su misura per loro.

4. La quarta rottura avviene nella configurazione stessa della realtà, nella distruzione di una percezione sociale condivisa della realtà, che è causata dalle grandi aziende tecnologiche. Queste aziende sono i nuovi mediatori che controllano i processi comunicativi contro i vecchi mediatori, i media tradizionali. Promuovendo fake news e realtà alternative, i nuovi mediatori generano una tensione sulla realtà che ha un grande potenziale distruttivo per lo spazio pubblico.

5. La rottura della costituzione economica, generata dalla globalizzazione e spinta dallo sviluppo tecnologico, è un altro elemento da considerare perché priva lo Stato della importante capacità di organizzare la vita sociale, sottoponendolo alle influenze dei grandi attori globali. Inoltre, lede lo statuto dei diritti fondamentali, privandolo del suo legame con la dignità della persona e indirizzandolo verso quei diritti maggiormente legati alle esigenze del traffico economico (diritti dei consumatori e degli utenti, diritto alla protezione dei dati personali).

Tutte queste rotture sono molto diverse da quelle che hanno storicamente strutturato il costituzionalismo. Le rotture precedenti avevano a che fare con l’impianto rivoluzionario della costituzione nel mondo moderno o con la sua difesa contro i sistemi dittatoriali. Questi cambiamenti sono avvenuti all’interno dello Stato e in relazione all’ordinamento del potere statale. Al contrario, le rotture in atto nel XXI secolo si collocano al di fuori dello Stato e configurano un mondo in cui il suo potere non raggiunge più gran parte della realtà da esso precedentemente ordinata. Lo abbiamo visto con la crisi finanziaria del 2008, che ha evidenziato l’impossibilità di recuperare, da parte dei cittadini, un potere che era al di fuori dello Stato.

È paradigmatico, a tal fine, confrontare alcune delle rivoluzioni democratiche all’interno dello Stato con la successiva situazione dei Paesi della zona euro durante la crisi finanziaria. Nel caso della rivoluzione portoghese dei garofani, come in quelle successive alla caduta del muro, o anche nelle rivoluzioni arabe del XXI secolo, l’esercito o i cittadini compaiono nel palazzo del dittatore e lo rovesciano.

Tuttavia, l’involuzione democratica che la crisi finanziaria ha determinato per alcuni Paesi dell’Eurozona era impossibile da risolvere con mezzi interni. Alcuni governi sono caduti, ma a causa di pressioni esterne, mai per una rivoluzione democratica promossa dai cittadini. In realtà, dove sarebbe potuta andare la cittadinanza per porre fine a questa involuzione democratica? Non nei palazzi di governo, perché con altri governi non sarebbe cambiato nulla, e nemmeno nelle banche centrali dell’Eurozona, perché prive di competenze per risolvere i problemi che si erano venuti a presentare.

I fattori di potere del nostro tempo, come nel caso delle grandi imprese digitali, si stanno dissociando dallo Stato e hanno sempre più potere, anche economico, contro lo Stato. Lo abbiamo visto con la crescita delle aziende tecnologiche durante la crisi sanitaria. Alcune di queste, come Apple, hanno raggiunto un valore di mercato che supera il PIL di Paesi come l’Italia o il Brasile. Ma molto più importante del valore economico è la loro capacità di configurare i processi di comunicazione e lo spazio pubblico attraverso le proprie applicazioni Internet.

Si tratta di società che occupano posizioni di monopolio nei settori in cui operano e che impongono le proprie condizioni agli utenti attraverso la contrattazione privata. Queste società violano permanentemente i diritti costituzionali (segretezza delle comunicazioni, privacy o diritto alla partecipazione politica, tra gli altri) utilizzando i dati che estraggono dalla loro attività su Internet per creare profili utente che vengono successivamente utilizzati a vantaggio sia della pubblicità commerciale che della propaganda politica.

Di fronte allo Stato e alla costituzione dello Stato, queste aziende stanno generando nuovi orientamenti culturali volti a favorire il proprio modello di business. I loro algoritmi provocano la radicalizzazione e la frammentazione dello spazio pubblico e rendono difficile lo svolgimento delle funzioni della costituzione. Il divario tra la costituzione formale di ogni Paese e la realtà dei processi politici e sociali aumenta ogni giorno.

Non può più affermarsi, come faceva Ferdinand Lassalle, che la costituzione sia oggi un «foglio di carta», come l’autore la considerava al suo tempo, di fronte ai reali fattori del potere interno (il monarca, la nobiltà, la banca, ecc.). Tra l’altro perché la costituzione odierna ha un supporto digitale che memorizziamo nel cloud, e la sua applicazione è compromessa da fattori di potere globali che controllano il mondo digitale e che si trovano al di fuori dello Stato.

Se confrontiamo questa evoluzione storica con il momento della lotta per il consolidamento del regime costituzionale alla fine del XIX secolo, vediamo come i fattori di potere e gli interessi che plasmano il mondo di oggi sono cambiati a causa della globalizzazione. Siamo di fronte a una vera rottura perché non si tratta più di consolidare la costituzione dello Stato per rendere praticabile il nuovo ordine sociale e la liberazione dei fattori produttivi che rendono possibile lo sviluppo economico all’interno di quello Stato. Quest’ultimo costituisce ancora un fattore di potere, ma ora ce ne sono altri, di carattere globale, che giocano su un terreno diverso rispetto alla costituzione.

Autori come Hans Kelsen o Costantino Mortati prestarono attenzione, in passato, a questi fattori di potere e al loro impatto sulla costituzione. Entrambi scrivono nel contesto dello Stato nazionale e forniscono soluzioni ai problemi di legittimità affrontati dall’ordinamento giuridico statale. Entrambi cercano di assoggettare in misura diversa (a seconda dell’esperienza storica che hanno dovuto vivere) il potere politico alla legge. Kelsen lo fa attraverso l’idea della norma fondamentale, che proietta un sistema normativo vertebrato sulla costituzione materiale kelseniana; Mortati attraverso la sua idea di costituzione materiale come limite di natura complessa, perché incorpora un principio politico che agisce in quanto tale, come potere giuridico di confine. Ma anche qui il dibattito sul senso della costituzione si muove all’interno dello spazio pubblico nazionale.

Lo stesso si può dire di un’altra formulazione, più recente, del divario tra costituzione formale e costituzione reale, come quella di Georges Burdeau. Al di là del fatto che tutti i problemi che egli individua nel suo suggestivo testo Une survivance: la notion de Constitution sono tali, la verità è che si tratta di una testimonianza fondamentale sulle difficoltà del passaggio dallo Stato liberale allo Stato costituzionale di diritto per la coerenza interna della costituzione. Ma ci si trova, ancora, all’interno di un’analisi che si muove, com’è naturale, nel limite dei contorni dello Stato nazionale.

Il conflitto nazionale interno sulla costituzione, in tutte le sue varie fasi nel mondo moderno, non ha nulla a che fare con il conflitto esterno generato dagli agenti globali. La globalizzazione ha generato un’esternalizzazione del potere statale che, per definizione, non può più essere regolato dalla costituzione nazionale. Nessuno può disporre di ciò che non gli appartiene e gran parte del vecchio potere statale, oggi, non appartiene allo Stato. Che le norme costituzionali continuino a regolarlo è normale, ma solo perché l’essenza stessa della costituzione che conosciamo è la sua capacità formale di configurare un ordinamento giuridico pieno, coerente e unitario.

A questo livello formale, la costituzione può articolare i suoi rapporti con il diritto sovranazionale nelle condizioni del pluralismo costituzionale. Ma al di fuori dello Stato e, ove opportuno, delle istituzioni sovranazionali, c’è un grande vuoto costituzionale. Per quanto il diritto internazionale abbia aumentato la sua densità costituzionale, nessuno controlla realmente gli attori globali (ad eccezione della Cina in relazione ai propri, perché è una dittatura che agisce essa stessa come attore globale).

Gli attori globali non hanno alcun interesse per la costituzione. Si muovono sul piano economico e politico o, meglio, sono loro che muovono l’economia e la politica attraverso il loro intervento sulle politiche economiche degli Stati e sul loro spazio pubblico (compresi i processi elettorali). Il disprezzo dei nuovi fattori di potere globali reali per la costituzione fa parte della loro consapevolezza circa il potere che hanno sugli Stati, della loro capacità di influenzarli e del fatto che la costituzione statale non ha rappresentato finora un limite ai loro interessi.

Il mondo digitale, che occupa una parte sempre più importante della nostra realtà quotidiana, è soggetto a regole nella cui produzione lo Stato, praticamente, non interviene e che non si conformano ai principi e ai valori costituzionali. La costituzione è al di fuori di questa realtà, ragion per cui dobbiamo fare un grande sforzo attraverso la costituzione dell’algoritmo, almeno in due modi. La costituzione dell’algoritmo significa sottoporre questa nuova realtà del mondo digitale a principi e valori costituzionali (costituzionalizzare gli algoritmi), ma anche adeguare la costituzione stessa alle condizioni di un mondo nuovo che non può più essere pienamente governato nei termini della costituzione analogica (digitalizzare la costituzione).

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