Un mare di recensioni. Per i nostri lettori un sintetico, arbitrario, certamente incompleto e opinabile, collage. La prima dal titolo Povere creature! Il film simbolo della libertà. La seconda dal titolo Il mostruoso femminile secondo Lanthimos: una lettura femminista del film dell’anno Povere Creature! La terza dal titolo Chi sono le Povere Creature! nell’ultimo film di Yorgos Lanthimos? Sopra il ritratto di Alexander Kollontay, la prima donna ministro della storia dell’umanità in seguito alla rivoluzione russa.
Un inno alla libertà
Siamo in un mondo di fantasia, tra il gotico e lo steampunk, Godwin Baxter sta concludendo il suo esperimento più ardito. Ha trapiantato il cervello di un neonato morto nel cranio della madre. Bella, questo il suo nome, si risveglia come Frankenstein, bambina nel corpo adulto, con una gran voglia di scoprire ciò che c’è fuori dalla casa laboratorio.
Lanthimos riflette su corpo e anima, la padronanza di Bella della propria sessualità diventa un modo per farsi strada con gli altri. Il suo carattere si forma a partire dalle scoperte che fa. Lei, straordinario personaggio, è una forza che rompe gli schemi proprio grazie alla sua ingenuità. Lo stile è volutamente deformante a partire dalla scelta delle lenti: fish-eye, mascherini, grandangoli inquadrano set dalla sconfinata immaginazione. Un film che può visualizzare tutto, è un film che può anche parlare di tutto. Così queste “povere creature” fiere delle loro deformità, perché derivanti dalla vita vissuta e dal dolore passato, riescono a porre tante domande sulla nostra libertà e sul bisogno di emancipazione. Tutto parte da un corpo che vive con i sensi la realtà in cui è immerso, e da un cervello che impara a conoscerla, a indignarsi e, infine, a cambiarla. Non importa come sia il nostro corpo, quello che conta è la vita che sappiamo metterci dentro (https://www.chiesadimilano.it/parliamone-con-un-film/povere-creature-emma-stone-2778612.html).
Una libertà “mostruosa” che sfida i meccanismi patriarcali
La donna è sempre stata un mostro. La mostruosità femminile si insinua in ogni mito, dal più noto al meno conosciuto, scrive Jude Ellison Sady Doyle, giornalista statunitense e autore del saggio Il mostruoso femminile. Di fatto, nel mondo della cinematografia, la rappresentazione delle donne ha spesso assunto sfumature di mostri, una riflessione che risuona nel più recente lavoro del regista greco Yorgos Lanthimos, Povere Creature!
Basato sull’omonimo libro di Alasdair Gray del 1992, il film introduce Bella Baxter, interpretata magistralmente da Emma Stone, cui è valso il premio come miglior attrice ai Golden Globe. Bella Baxter, come in un moderno Frankenstein, viene sottoposta a un intervento straordinario da parte del chirurgo scienziato Godwin, che innesta un cervello di feto nel corpo di una donna adulta. Il personaggio di Bella, con la sua ingenuità e spontaneità, evidenzia contrasti e valori morali attribuiti alle donne, non solo nell’ambientazione vittoriana di Poor Things, ma anche a livello esistenziale. Attraverso le sue avventure articolate in sei capitoli, Bella destruttura e ridefinisce il ruolo femminile, sfidando i meccanismi patriarcali che lo influenzano (https://www.artribune.com/arti-performative/cinema/2024/02/povere-creature-yorgos-lanthimos/).
Autodeterminazione femminista, ma non solo: un viaggio nell’umanità
Un viaggio di autodeterminazione lontano dalle convenzioni sociali, che tuttora imprigionano gli esseri umani in dogmi condizionanti della libertà personale e collettiva. Non è semplicemente nel percorso di liberazione di Bella, centrale soprattutto sul piano sessuale (scopre che “può darsi piacere quando vuole” e i “furiosi sobbalzi” sperimentati insieme a diversi uomini), che si può racchiudere il messaggio femminista del film. Il percorso della protagonista è riconducibile maggiormente a un viaggio dell’umanità. Le sue tappe di crescita e maturazione sono rappresentative di consapevolezza e progresso, sia individuale che collettivo (https://quartapareteroma.it/chi-sono-povere-creature-ultimo-film-yorgos-lanthimos/)
Tre letture felicemente dissonanti e felicemente convergenti. Non esaustive. Come si addice ad un’opera totale, ad un viaggio, appunto, nell’umanità.