Antefatto
Nel 1988 è capitato a chi scrive, per le solite bizzarrie del caso, di partecipare, insieme ad una cinquantina di economisti dell’est e dell’ovest, ad un progetto “segreto” di riforma dell’economia sovietica, sponsorizzato da una parte da Gorbaciov e dal suo primo ministro Ivanov, dall’altra dalla fondazione “Open society” di George Soros. Le riunioni del gruppo si svolgevano tra Mosca e Londra e sia Ivanov che Soros hanno seguito da vicino lo svolgimento dei lavori.
Tali riunioni si tenevano a Mosca in un edificio che non presentava alcuna insegna all’esterno, mentre la delegazione era ospitata nell’albergo del Comitato Centrale del Pcus, molto vecchio stile; nell’edicola interna erano disponibili le copie dell’Unità e dell’Humanité, vecchie di almeno un paio di settimane.
Durante lo svolgimento dei lavori, fummo colpiti tra l’altro dal fatto che il sistema economico di allora del paese era in grado di offrire alla popolazione i prodotti ed i servizi di base – certo con delle differenziazioni tra la città e la campagna e tra le varie aree del grande territorio dell’URSS – e la piena occupazione, ma non molto di più. I privilegi delle classi dirigenti erano abbastanza ridotti in confronto con la situazione della società occidentale di allora e di oggi. L’indice di Gini, che misura i livelli di diseguaglianza economica nei vari paesi, era allora tra i più bassi del pianeta.
Si trattava di un sistema molto rigido ed inefficiente, in cui si riusciva alla fine a dare priorità ad un solo settore, quello militare, mentre l’industria e i servizi si trovavano in una situazione molto arretrata (alcune fabbriche, da noi allora visitate, funzionavano ancora con macchinari dell’epoca zarista, mentre altre possedevano sistemi tecnologici avanzati, ma utilizzati dove erano sostanzialmente inutili), mentre il settore agricolo impiegava ancora una fetta molto importante della popolazione (gli economisti russi presenti agli incontri parlavano, se ricordo bene, di una cifra reale intorno al 35% del totale della forza lavoro, anche se i numeri ufficiali erano inferiori; non sappiamo quale fosse la verità). Date le sue rigidità, il sistema sembrava nella sostanza irriformabile: a toccare un solo mattone, si aveva la sensazione che potesse cascare giù tutto l’edificio.
Dai colloqui con gli altri economisti si riusciva anche a percepire in qualche modo come la posizione “riformista” di Gorbaciov fosse piuttosto debole. C’erano nel nostro gruppo di lavoro una ventina di esperti russi, tra i quali alcuni molto noti all’epoca; la maggioranza di essi erano su posizioni neoliberiste anche estreme (tanto che dovevano essere quelli occidentali a cercare di frenare il loro entusiasmo verso tale modello), una nutrita minoranza rappresentava una tendenza molto conservatrice, mentre i gorbacioviani “puri” erano una parte ridotta. Gli economisti presenti che venivano dagli altri paesi dell’allora patto di Varsavia erano sostanzialmente allineati alla corrente russa maggioritaria.
Il gruppo di lavoro venne comunque ad un certo punto bloccato, ma non si è a suo tempo capito per quali ragioni. Forse perché i risultati a cui esso stava arrivando non sembravano aprire prospettive entusiasmanti, o forse perché stava dando dei risultati poco interessanti o forse ancora perché il gruppo dirigente del paese era preso ormai da altre questioni. Spiegazioni ufficiali non ne arrivarono.
In ogni caso nel 1988 apparivano evidenti le difficoltà crescenti del sistema: a Mosca era molto difficile reperire dei semplici rullini fotografici, i libri di maggior successo si trovavano sottobanco, nei ristoranti i camerieri vendevano privatamente le confezioni di caviale della casa. Si parlava di un forte livello di corruzione e di una burocrazia paralizzante.
Gorbaciov aveva già nel 1987 messo sul tavolo dei provvedimenti di liberalizzazione dell’economia, con una accettazione controllata degli strumenti di mercato, ma con la permanenza di un forte governo statale, con l’apertura inoltre agli investimenti esteri, concedendo infine una rilevante autonomia di gestione alle imprese. Ma le reazioni di un corpo molto debilitato sembravano piuttosto deboli.
